New technical tips published by the Phenomenex Technical department are released monthly. These cover solutions to commonly experienced chromatographic problems for HPLC/UHPLC, Gas Chromatography and Sample Preparation. As well as suggestions for more specific application based challenges.
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Le colonne Micro, grazie al diametro interno più piccolo, offrono ai ricercatori l'opportunità di migliorare la sensibilità e/o di risparmiare solvente. Al fine di massimizzare l'efficienza su una colonna micro è necessario ridurre al minimo i volumi extra colonna (ECV), mentre per migliorare la durata dobbiamo prestare attenzione a una buona preparazione del campione.
La selettività utilizzata e la direzione del flusso in entrata e in uscita dalla trappola contribuiranno all'efficienza e alla durata della colonna. La scelta di una fase stazionaria appropriata per la trappola aiuterà a migliorare la separazione, mentre la direzione del flusso durante il "trap and elute" può migliorare la durata della colonna riducendo al minimo l'accumulo di particolato.
A seguito dell'iniezione il campione viene caricato sulla trappola nella stessa direzione di flusso della colonna micro e il solvente direzionato verso lo scarico attraverso una valvola. In questa modalità è possibile eseguire uno step di lavaggio senza che il flusso arrivi in colonna. Dopo aver riportato il flusso verso la colonna, il campione viene eluito dalla trappola alla colonna analitica. Con l'eluizione diretta, il campione deve passare attraverso la trappola per raggiungere la colonna analitica. In questa modalità, la fase stazionaria della trappola ha un impatto maggiore sulla separazione rispetto alla classica modalità eluizione a flusso inverso. Questo significa anche che qualsiasi materia insolubile rimarrà intrappolata sulla trappola, con maggiore protezione della colonna Micro LC.
Con l'eluizione inversa il campione viene caricato e lavato nella modalità precedentemente descritta. Terminato il lavaggio, il solvente viene flussato in direzione inversa rispetto al flusso colonna. In breve, il campione viene eluito dalla trappola nella stessa direzione in cui è stato caricato. Ciò rende la fase stazionaria della trappola meno importante in termini di selettività complessiva, poiché il percorso del flusso è più breve, ma significa anche che i contaminanti possono essere flussati indietro nella trappola e nella colonna Micro LC. Nella modalità direzione inversa si può utilizzare una trappola con diametro interno più grande, che può essere caricata ad un flusso più veloce.
Le diossine e i furani sono composti tossici persistenti nell'ambiente, ma come si originano e come si monitora la varietà di analoghi associati a questi composti? Nelle analisi ambientali, i termini Diossine e Furani si riferiscono specificamente alle dibenzodiossine policlorurate (PCDD) e ai dibenzofurani policlorurati (PCDF).
Questi composti sono inquinanti organici persistenti (POP) che hanno un'affinità per una proteina del fattore di trascrizione denominata recettore degli idrocarburi arilici.
Per dissipare qualsiasi malinteso quindi, quando ci riferiamo all'analisi comunemente denominata di Diossine e Furani non stiamo parlando di analisi di diossano, diossina, furano o tetraidrofurano (THF). Le discussioni sui POP tra i chimici specializzati in analisi ambientali possono sembrare un club segreto per i nuovi arrivati, data la gamma di conoscenze di base presunte e la consapevolezza del "codice segreto" con cui questi composti vengono indicati. Presenteremo di seguito l'importanza dell'analisi di Diossine e Furani affrontando l'origine e la nomenclatura degli stessi.
Le Diossine (PCDD) hanno una lunga storia e sono da tempo noti come biprodotti della produzione di erbicidi come 2,4,5-T (acido 2,4,5-triclorofenossiacetico) e 2,4-D (2,4 -Acido diclorofenossiacetico), che insieme costituiscono l'Agente Arancio un desfoliante comunemente utilizzato nella pratica agricola nella metà degli anni cinquanta.
Questo erbicida ha esso stesso un profilo di tossicità, ma i biprodotti diossinici sono molto più tossici. I biprodotti diossinici inizialmente non sono stati monitorati durante la produzione o l'uso di questi erbicidi a causa di una storica mancanza di consapevolezza nei confronti dell'intensa tossicità delle dibenzodiossine policlorurate. L'utilizzo su larga scala storicamente rilevante e gli incidenti industriali che coinvolgono questi erbicidi hanno provocato una contaminazione ambientale persistente di diossine.
Un intermedio critico durante la sintesi di erbicidi fenilici policlorurati è un fenolato policlorurato, che è soggetto a reazioni collaterali che producono composti PCDD. I fenoli policlorurati stessi sono pesticidi che possono generare PCDD. Oggi, sia gli inquinanti PCDD che PCDF vengono monitorati anche come biprodotti della combustione incompleta dei rifiuti, sia a casa propria o in quantità maggiori di rifiuti destinati alle discariche.
L'analisi isotopica può essere utilizzata per correlare i risultati analitici delle diossine con la fonte o la posizione in cui hanno avuto origine PCDD o PCDF. I Furani (PCDF) possono inoltre derivare da una varietà di reazioni ossidative dei composti bifenilici policlorurati (PCB). I composti PCB stessi sono tossici e sono composti dielettrici comuni utilizzati nei condensatori elettrici, determinando la loro pervasività nelle discariche.
"Sto cercando di separare il mio 1,2,3,8 dal mio 2,3,7,8! "
Possiamo dare un senso a queste parole, numerando prima le posizioni attorno ai nostri composti dibenzo a cui i clori possono legarsi. Notare che i carboni terziari non sono numerati. Inoltre bisogna fare attenzione a quando si parla di dibenzodiossine policlorurate (PCDD) e dibenzofurani policlorurati (PCDF). La considerazione successiva riguarda il prefisso che indica il numero di cloro che sono legati al composto dibenzo. I metodi ambientali riguardano tipicamente i composti PCDD e PCDF con quattro o più sostituenti cloro, per i quali i prefissi e le abbreviazioni sono mostrati nella Tabella 1. Gli analoghi octa-clorurati non richiedono la numerazione, poiché tutte le posizioni dei sostituenti sono legate con un sostituente cloro.
| # di sostituenti Cl | Esempi |
|---|---|
| (4) Tetra – T | ![]() Esempi: dioxin (PCDD) Nome: 2,3,7,8-TCDD |
| (5) Penta – Pe | ![]() Esempi: dioxin (PCDD) Nome: 1,2,3,7,8-PeCDD |
| (6) Hexa – Hx | ![]() Esempi: furan (PCDF) Nome: 1,2,3,4,6,8-HxCDF |
| (7) Hepta – Hp | ![]() Esempi: dioxin (PCDD) Nome: 1,2,3,4,6,7,8-HpCDD |
| (8) Octa – O | ![]() Esempi: furan (PCDF) Nome: OCDF |
I PCDD e PCDF sono spesso indicati con la nomenclatura rappresentata nella Tabella 1. Ci sono occasioni durante le analisi di routine in cui questi composti sono indicati semplicemente dalla posizione dei sostituenti del cloro, per esempio "separare un 1238 da un 2378 ". Occorre chiarire che a seconda del contesto si parla specificamente di PCDD o PCDF, soprattutto quando si parla con esperti di altri laboratori o organizzazioni.
Grazie per il loro prezioso lavoro ai chimici analitici e ai tecnici di laboratorio che monitorano campioni ambientali di PCDD e PCDF, insieme ai relativi erbicidi e composti PCB. Si spera di aver chiarito l'ambiguità che potrebbe esserci attorno all'analisi Diossine e Furani per chiunque conosca poco sull'argomento.
Heaton, A.: 1996, ‘Pesticides’, in: Heaton, A. (ed.), The Chemical Industry, Blackie Academic & Professional, London, pp. 238-43.
Crosby DG, Moilanen KW, Wong AS. Environmental Generation and Degradation of Dibenzodioxins and Dibenzofurans. Environ Health Perspect. 1973;5:259-266. doi:10.1289/ehp.7305259
Quando si esegue l'estrazione di analiti con SPE, ci si aspetta un recupero del 100%. Se il recupero è inferiore, significa che c'è un problema nell’interazione tra analita e sorbente, ma quali sono i motivi per cui si può avere un recupero maggiore di quello che ci si aspettava (o superiore al 100%)?
Problemi comuniCoeluizione di interferenti: questi sono normalmente presenti nelle matrici, e l'obiettivo delle SPE è di rimovuerli. Se si sono trovati recuperi maggiori del 100%, il primo step è quello di usare una tecnica analitica ortogonale, per verificare se l'aumento del recupero sia dovuto ad una co eluizione. Laddove la coeluizione sia verficata, ci sono alcune possibili soluzioni:
Contaminanti dal solvente o dal sorbente: queste sono tipicamente impurità presenti nei materiali di partenza che sono di natura simile al composto di interesse e di conseguenza coeluiscono con esso durante la SPE e la successiva fase analitica. È possibile seguire i passaggi precedenti per rimuovere le impurità coeluenti o, in alternativa, poiché questa non è un'impurità presente nella matrice, si identifica il livello presente nel sorbente analizzando il bianco e sottraendolo dal picco principale durante il calcolo. Prima dell'aggiunta del campione, se si equilibra il sorbente con il solvente di eluizione, questo dovrebbe eliminare i potenziali contaminanti dal sorbente prima di caricare il campione. Per le impurità introdotte dal solvente, in genere il cambio del solvente dovrebbe risolvere questo problema.
Lo standard interno è compromesso: se lo standard interno non mostra un recupero del 100%, i calcoli successivi saranno imprecisi. È sempre buona norma utilizzare uno standard interno di natura simile al composto di interesse in quanto questo fornirà un punto di riferimento più robusto per il metodo. Se si ritiene che lo standard interno non mostri un buon recupero dal materiale SPE, si può usare uno standard esterno aggiunto al solvente di eluizione per calcolare il recupero assoluto.
I calcoli di recupero sono imprecisi: è importante rivedere questo passaggio per accertarsi dove si verifichino gli errori.